Nuove forme di giornalismo investigativo: il giornalismo computazionale

Che internet abbia cambiato il giornalismo è un fatto.
Che i blog abbiano modificato il giornalismo, è sotto gli occhi di tutti.
Che le forme web 2.0 di ricerca di informazione e dati stiano dando vita a nuovi modi di intendere l’articolo giornalistico sta diventando sempre più realtà.

Ho già parlato altrove del Twitter giornalismo, adesso è ora del giornalismo computazionale.

James Hamilton direttore del DeWitt Wallace Center for Media and Democracy presso la Duke University, ha coniato il neologismo “giornalismo computazionale” che consiste nell’utilizzo di sofisticate applicazioni informatiche in grado di aiutare il lavoro di indagine del giornalista (ma anche del semplice cittadino informato).
In pratica il datamining applicato alla produzione di notizie.

La riflessione di Hamilton deriva da un’osservazione da economia dei media: dato che produrre inchieste e reportage giornalistici è attività costosa, laboriosa e spesso non pagata in proporzione dagli investitori pubblicitari, è preferibile usare tecnologie digitali in grado di affiancare (o sostituire) il giornalista nel produrre inchieste approfondite.

Gli esempi non mancano.
Un caso emblematico è quello della Sunlight Foundation, la quale sviluppa tutta una serie di progetti web 2.0-based in grado di aiutare a tenere il rapporto fra lobbying, interessi economici e soldi, alla luce del sole (da cui il nome della fondazione)
Un altro caso interessante è Watchdog. net, un portale il cui scopo è aggregare le innumerevoli informazioni relative ai politici della Casa Bianca, così da trasformarsi in una specie di motore di ricerca per fare datamining di personaggi del Congresso USA e aiutare così chi vuole fare attivismo verso una causa specifica.

A volerla dire tutta, è già da un po’ che i giornalisti americani più interessati a innovare il loro modo di fare inchieste usano dei siti a loro specificamente dedicati, come il NICAR (National Institute for Computer-Assisted Reporting), non a caso servizio fornito dalla IRE (Investigative Reporters and Editors).

A conferma dell’interesse – anche accademico – verso questa evoluzione del giornalismo, si può dare un’occhiata a convegno che la Georgia Tech ha dedicato all’argomento (chiamandolo appunto computational journalism) a febbraio del 2008 di cui potete vedere un video promozionale in testa a questo post.
I topics del convegno sono un bel mix di informatica, web 2.0 e giornalismo professionale.
Si va dallo storytelling attraverso dati e grafici, fino a nuove interfacce per il Citizen Journalism, passando per il giornalismo investigativo attraverso reti distribuite.

Ad ogni modo se siete interessati all’argomento, consiglio vivamente una lettura dell’inchiesta della della rivista Miller-McCune dall’eloquente titolo “Deep Throat Meets Data Mining“.

3 thoughts on “Nuove forme di giornalismo investigativo: il giornalismo computazionale

  1. Per quanto mi riguarda, senza internet (e nello specifico senza Web 2.0) con le risorse (economiche, esperienza…) di cui dispongo non potrei fare quello che faccio, anche se bisogna dire che senza web 2.0 quello che faccio probabilmente non sarebbe mai potuto esserci, o sicuramente sarebbe stato molto diverso.

    “Nutrendomi” di user generated content, le applicazioni web 2.0 mi offrono la materia prima, mi aiutano a superare alcune barriere (spazio-tempo) e mi offrono una plurarità di risorse/fonti prima inimagginabile.
    Il problema dell’attendibilità di alcune fonti però spesso rimane.

    In attesa di un watchdog italiano…


    Luca Marino
    http://miocarobestiario.blog.kataweb.it

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